logo

di Magda Minotti

A cura di Magda Minotti

  

 

14 febbraio

         San Valentino            

I santi del III secolo d.C. di nome Valentino erano, probabilmente, due: un sacerdote, ucciso nel 268 dopo  Cristo ed il vescovo di Terni, morto qualche anno dopo, nel 273.
Recenti studi fanno pensare, però, che i due Valentino, ambedue considerati martiri, fossero, in realtà,  un’unica persona. Si tratterebbe del vescovo di Terni che,  martirizzato per volere dell’imperatore Claudio, fu  sepolto al secondo miglio della Via Flaminia.
Secondo la tradizione, Valentino fu decapitato a Roma il 14 febbraio del 268 d.C., per aver battezzato un notabile che, in seguito alla miracolosa guarigione che il santo procurò   al figlioletto affetto da epilessia (mal caduco), si convertì al cristianesimo.
La tradizione parla anche di un terzo Valentino non santo, ma un semplice benefattore il cui notevole contributo pecuniario permise al papa Giulio I di   erigere  (metà del IV sec. d.C.) una chiesa nel cimitero della Via Flaminia, proprio   sopra la tomba di quello che era ritenuto san Valentino.
Qualunque sia la verità e, sebbene per la Chiesa sia un santo poco significativo, Valentino è molto presente nella tradizione popolare, che lo identifica in quel vescovo considerato il santo della valetudo, cioè  della salute.
Il nomeValentino, infatti, deriva dal latino valere, cioè star bene.
Questo santo è reputato taumaturgo per la peste e, soprattutto, per l'epilessia, il mâl dal acident o mâl maçuc, popolarmente conosciuta come  il mâl di Sant Valantin.
Un tempo si credeva che l’epilessia fosse il male di chi era posseduto dal demonio, di cui ci si liberava con particolari esorcismi.
Uno dei più praticati, era quello di cibarsi di pane benedetto e di portare al collo la chiave di San Valentino,  che  doveva essere acquistata  con  trentatre  soldi dati in carità  da altrettante donne sposate, ciascuna delle quali ne  aveva offerto uno.
Altra usanza contro il presunto malocchio che avrebbe causato quella grave malattia, era quella per cui una vedova  doveva raccogliere elemosine e, senza contare il ricavato, le doveva offrire per le messe a San Valentino.
Anche il succo dai narants di Sant Valantin e quello dei limoni, era considerato un antidoto contro il diavolo e, quindi, contro il male di chi era ”posseduto” da lui.
Ancor oggi, nella tradizionale sagra di Borgo Pracchiuso in Udine, dove si trova la chiesa a lui dedicata, Valentino è ricordato con il pane benedetto a forma di otto, i  colaçs, con le sacre chiavi che, un tempo,  si mettevano al collo e in mano al malato, durante le crisi epilettiche  di cui soffriva.
Per ottenere con certezza  l’intervento taumaturgico del santo, si accendevano anche le lunghe, filiformi candeline, debitamente  benedette, che si possono ancora vedere e acquistare, il giorno della ricorrenza di questo santo così popolare, nella chiesa che ne porta il nome. 
L’iconografia di Valentino,  lo raffigura sempre con la palma del martirio e la chiave;
a volte,  è rappresentato  con il bimbo guarito dall’epilessia o con una giovane cieca.
Secondo un’altra   leggenda, infatti, sempre durante l’impero di Claudio  II, il santo  restituì miracolosamente la vista alla figlia di un giudice dello stesso imperatore che, come sappiamo, lo fece uccidere proprio il 14 febbraio.