A cura di Magda Minotti
Santa Caterina d’Alessandria nella nostra tradizione |

Santino popolare |
I racconti dei Crociati, favorirono la diffusione del culto di Caterina in Occidente e, quindi, anche da noi.
Fu così che nel 1373, il patriarca Marquardo concesse l’apertura nel territorio di Udine, del 2° mercato da dedicarsi a santa Caterina d’Alessandria (1) , protettrice anche dei mugnai e di tutti quegli artigiani che nel loro lavoro, usano la ruota.
Tale mercato, della durata di 5 giorni, si svolgeva in Santa Caterina, località oltre le cinta murarie del comune cittadino, presso il torrente Cormôr dove esiste ancora una chiesetta trecentesca, pressoché inalterata dal corso dei secoli (2).
Nel 1485 i veneziani trasferirono il mercato dentro le mura cittadine, ai piedi del colle del castello, nella piazza detta Zardin Grant.
La motivazione ufficiale di tale spostamento fu quella che in città sarebbe stato più facile controllare e prevenire episodi malavitosi che potevano verificarsi in avvenimenti come questi, che richiamavamo gente anche dalle regioni vicine.
La vera motivazione di tale spostamento, probabilmente, era legata alle ingenti entrate che, attraverso il dazio e le gabelle, potevano rimpinguare generosamente le casse del comune.
Il mercato di santa Caterina, è legato al ricordo ancora vivo, della vecchia fiera udinese che si teneva, come detto, tal Zardin grant (l’attuale piazza I° Maggio) a Udin.
Qui, oltre alle bancarelle con ogni ben di Dio, erano una coinvolgente attrazione per bimbi ed adulti, i baracons.
Questi ultimi sono stati trasferiti da qualche anno presso lo stadio, mentre la fiera vera e propria, si svolge per un paio di giorni, sempre in piazza I° Maggio.

Inizio 1900: i baracons dal Zardin Grant (da Cent’anni visti dalla strada di A. Manzano)
NOTE:
(1) = Santa Caterina d’Alessandria, martire del IV secolo d. C., è chiamata anche “Caterina dalla ruota”, perché durante la tortura con quello strumento (quattro ruote con chiodi e seghe), fu liberata dagli angeli.
Per questo motivo è considerata la protettrice dei carri, di tutti gli artigiani che nel loro lavoro adoperano la ruota e, in particolare , dei mugnai.
Caterina è ricordata per la discussione che ebbe con i retori che riuscì a convertire al cristianesimo, per il taglio delle mammelle dell’imperatrice che la difese, e per numerose altre vicende che la portarono, infine, alla decapitazione.
Quando le fu tagliata la testa, dal suo collo non sgorgò neppure una goccia di sangue, ma solo latte.
Gli angeli, comparsi immediatamente sul luogo del martirio, trasportarono il corpo della santa sul monte Sinai, dove ancora c’è il famoso monastero a lei dedicato.
Lì, dal sepolcro che racchiudeva i suoi resti mortali, stillava latte e olio, che avevano il potere di guarire ogni male.
Il culto di Caterina, molto diffuso in Italia ma anche Europa, vuole la santa anche protettrice degli studenti, dei filosofi e, per la sua giovane età, delle ragazze da marito e delle sartine (un tempo le apprendiste sarte erano giovani fanciulle) chiamate, appunto, ”Caterinette”.
La loro festa, pur se in misura minore, si festeggia ancora a Torino proprio il 25 novembre mentre in Francia, invece, tale tradizione è ancora vivissima.
L’Università di Parigi, inoltre, la proclamò patrona della facoltà di Teologia.
Caterina sarebbe un nome di derivazione tardo greca- bizantina: forse da Ecate, dea degli Inferi o dall’epiteto di Febo Hekatos, saetta .
Tale nome si diffuse in Oriente (soprattutto nella forma Katia o Catia) ed in Occidente nella forma latina Catharina, come risultato di un incrocio etimologico con katharos, che vuol dire “puro”.
L’iconografia della santa, che fa parte dei santi ausiliatori, la raffigura in vari modi: con la regale corona, con il libro che è simbolo della sapienza, con la ruota e la spada (gli strumenti dei supplizi ai quali fu sottoposta), con l’anello del matrimonio mistico con Gesù o con la palma del martirio.
(2) = PASIAN DI PRATO, santa Caterina.
Chiesetta campestre alla periferia di Udine. Costruzione trecentesca con minime alterazioni. Unico vano a pianta rettangolare senza presbiterio, con robuste capriate a vista; facciata sprovvista del consueto campaniletto a vela (probabilmente eliminato perché cadente); porta architravata, forse ampliata seriormente, sormontata da un rozzo rilievo in pietra rappresentante una mano aperta che copre una croce ad estremità espanse (contrassegno di qualche sodalizio?); porta laterale sul fianco destro dell’aula e finestra rettangolare seriore su tutti e due i fianchi. Muratura mista intonacata, con cornice sagomata in calce (seriore) sotto la gronda; copertura in coppi.

Tratto integralmente da: “Le chiesette votive del Friuli di Giuseppe Marchetti (pré Bepo) Ed. Arti Grafiche Friulane
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