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Magda Minotti
Il 17 del mese la Chiesa onora sant’ Antonio Abate protettore degli animali domestici.Accompagnato dal zago che teneva in mano il secchiello di acqua santa, il plevan affondava con maestria l’aspersorio con cui, solennemente, avrebbe benedetto gli animali domestici, appunto, portati lungo le vie, nei vicoli o messi dietro i cancelli o le androne. I bambini si sentivano importanti protagonisti tal puartâ a benedî il lôr nemâl: il lùjar, il canarin , il gjat o il Bobi. Questo santo era detto Sant Antoni dal purcit. I fabbricieri parrocchiali, per arrotondare il magro quartese (quarantesima parte dei cereali che veniva data alla chiesa per la cura delle anime e per mantenere il plevan e il capelan), facevano allevare a spese della comunità del paese o del borgo, un maiale * “dedicato” al santo. Il purcit che non aveva alcun padrone, girava libero per le strade, entrava nei cortili e nelle androne dove, in posti fissi, trovava il laipin cui c’erano lis lavaduris (acqua non saponata, usata per lavare la massarie e che conteneva anche i poco probabili rimasugli di cibo), qualche patata, foglie di verza e un puin di semule. Qualche mese prima di purcitâlu, il maiale veniva “accoppiato” ad un lattonzolo. Questo purcitut imparando “usi e costumi”, sarebbe divenuto il futuro purcìt di sant’ Antòni che, in un rituale proprio del 17 gennaio, era benedetto sul sagrato della chiesa, dopo che sul suo dorso una ragazza aveva rasato una croce. Non si è mai sentito che avessero rubato, anche se la grande miseria avrebbe giustificato tale atto, quel maiale che instancabile, girovagava cercando il cibo di casa in casa… Da qui il modo di dire: ”Chel frut al è ator dut al di”, oppure, “al è torseon come il purcit di Sant Antoni”. La tradizione legata a questo purcit, si è mantenuta da noi sino agli anni attorno al 1960. Pare che la tradizione di far allevare questi maiali dalla popolazione, derivi da un’usanza radicata in Francia fin dal 14° secolo. I frati Antoniani, infatti, potevano far fronte alle spese sostenute per l’assistenza erogata negli ospedali che gestivano e nei quali si curava soprattutto l’herpes, per mezzo dei proventi derivati dai loro maiali lasciati liberi e nutriti da quanto veniva dato dalla gente Anche il Friuli fece propria questa usanza. Si sa che A Udine nella seconda metà del 1300 circa, ci furono alcuni problemi anche per l’ospedale di sant’Antonio Abate (sorgeva dov’è attualmente l’omonima chiesa in piazza Patriarcato) al quale la popolazione non voleva restituire i maiali ormai pronti per… l’uso. Altro problema era quello legato al fatto che la gente liberava arbitrariamente i maiali, facendoli vivere mescolati a quelli “dedicati” al santo. Possiamo immaginare i motivi e le conseguenze … E dal 14° secolo, facciamo un salto in avanti per vedere che il problema descritto, si trascinò nel tempo nella nostra Patria del Friuli. A Udine, infatti, in un Proclama emanato il 6 agosto 1799 e firmato da Antonio Beretta, Deputato delle Città e Colleghi, ricordando i precedenti datati 1574 e 21 gennaio 1790, diceva che: “…Incomoda, indecente, e spesso pericolosa fu sempre riconosciuta la libertà di lasciar vagare gli Animali Suini non solo nelle Strade, e sotto i Portici delle Situazioni più cospicue, e frequentate di questa Città, ma fino nelle Piazze con danno, e disturbo dei Traficanti. …..gl’Ill.mi Sigg. DEPUTATI della Città rinnovando le provvidenze contro il disordine….fanno intendere e sapere: Che d’ora innanzi ogni Persona, e famiglia debba custodire i propri Animali Suini in modo, che non compariscano sulle strade, e sotto i portici di qualunque pubblica contrada, e molto meno nelle Piazze di Mercato nuovo, di Mercato vecchio, e di qualunque altro Luogo entro i Portoni della Città; in pena di Lire 8. per la prima volta, ed in seguito anche delle perdita degli Animali…… …Ed il presente sarà stampato, pubblicato ed affisso ai Luoghi soliti, onde tolto ogni pretesto d’ignoranza, ottenga la sua esecuzione e così ... Sant’Antonio è invocato anche dagli ammalati di herpes zoster (fûc di Sant Antoni) perché la tradizione considera l’Abate, il Prometeo cristiano. «Sant Antoni benedet, Egli, a differenza di quanto avvenuto nel mito pagano, non ruba il fuoco agli dei, ma lo chiede al Padreterno per rendere più facile la dura vita cui era costretto il contadino.
Note: * = Probabilmente il nome di quello che fino a pochi decenni fa era il più comune animale domestico, è legato alla dea romana Maia alla quale nel mese di maggio era d’uso sacrificare un porcellino castrato detto “sus maialis”, ossia, porco di Maia.* * = Un’ altra vecchissima leggenda, vuole il maialino sempre raffigurato ai piedi del Santo perché una scrofa, che teneva dolcemente tra le fauci un porcellino malato, si presentò davanti ad Antonio abate. Il Santo, impietosito, guarì il piccolo animale che, in segno di riconoscenza, lo seguì fedelmente per tutta la vita… Ancora ambiguità ritroviamo nella versione “simbolica” del maiale: posto ai piedi di Sant’Antonio Abate, quale rappresentazione del Demonio tentatore, del male combattuto e vinto, divenuto ben presto, per affetto popolare, “il protetto” del santo. |
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