Magda Minotti
… E MARZO CI PORTA…

Marzo-affresco di ignoto del xv secolo- chiesetta di san Pietro di Povoletto (UD)
"Març al nus puarte la lûs de Viarte
ma miôr che nol vedi la lune stuarte"
Un pizzico di cattiveria tra le righe di questo proverbio che autorizzava i nostri nonni ad affermare che la luna marzolina, essendo una…donna, voleva comandare, in questo caso, più del sole.
Ma lasciamo questa banale malignità su lis feminis e poniamo la nostra attenzione all’otto marzo di questo 2009, perché la “Festa della donna”compie cento e uno anni.
Nel 1908 a Chicago, in un opificio andato in fiamme, morirono 129 operaie che stavano scioperando. Nel ricordare anche questo fatto, a Copenaghen - era il 1910- s’istituì la “Giornata internazionale della Donna” che, nel 1946, in un’Italia ormai libera, riconosceva i diritti sociali, politici e la dignità delle donne.
Tale significato, così profondo, è ormai oscurato dal consumismo e dalle finalità commerciali che traggono notevoli vantaggi anche dalla vendita del simbolo di questa giornata, la mimosa, che sboccia in questo periodo e, per il suo aspetto delicato che nasconde forza e vitalità, rappresenta l’innocenza e la libertà.
Il diciannove del mese, giorno in cui si ricorda san Giuseppe sposo, padre umile e mite e, nel frattempo, uomo di buon senso, laborioso e scrupoloso nell’attività artigiana, è divenuto, nella logica dell’ipocrisia e del consumismo, esclusivamente la “Festa del papà”.
Qualcuno afferma che Giuseppe era vedovo ed anziano quando divenne “Sposo di Maria” e “Padre Putativo” di Gesù. Tutto ciò sarebbe confermato da una traduzione in latino di un testo risalente al IV secolo d.C, “Storia di Giuseppe Falegname”, fatta nel 1722 dallo svedese Wallin.
Si narra, inoltre, che il sant’uomo avesse lavorato come falegname sino al giorno della sua morte, avvenuta alla veneranda età di centoundici anni.
Pare, sempre secondo il testo menzionato, che Giuseppe fosse morto con tutti i denti sani, con la vista perfetta e buono nel fisico: un om in gjambe sin al ultin.
Secondo la tradizione popolare, la morte del santo è considerata la morte del giusto, la muart dal cristian e, per tutte queste motivazioni, san Giuseppe è, da sempre, considerato protettore della Buona Vecchiaia e della Buona Morte:
"Sant Josef e Sant Joachin,
che nus dedin une buine fin".
Al momento d’andare a letto, fino a non tanto tempo fa, tutti recitavano una giaculatoria che diceva:
“Gesù, Giuseppe, Maria,
Vi dono il cuore e l’anima mia.
Gesù, Giuseppe, Maria,
assistetemi nell’ultima agonia”.
Nell’antica Roma, il 19 marzo, Minerva era ricordata con la festa degli artifices, cioè dei lavoratori. Si ritenne opportuno, quindi, festeggiare Giuseppe, patrono dei falegnami, proprio in questo giorno.
Poiché il culto di Giuseppe era molto diffuso, nel 1870 Pio IX lo proclamò patrono di tutta la Chiesa. Nel 1955, Pio XII volle istituire la festa di san Giuseppe artigiano quale “Festa del lavoro cristiano”, in contrapposizione a quella del Lavoro, mondiale e laica, che cade sempre in quella data, il I maggio.
San Giuseppe (Sant Josef pastane cocis) per il contadino, rappresentava il cambio stagionale e l’equinozio di primavera, data basilare per dare inizio alle semine
“La luna marzolina
fa nascer l’insalatina”
e alle merende nei campi, con la tradizionale frittata (Sant Josef fertaion).
Il 21 del mese, equinozio di primavera, si ricordava san Benedetto e tutti aspettavano il ritorno des sisilis che avevano lasciato i loro nidi sot dal tet e te lobie:
……..
Dopo in ca che ti suspiri,
che ti clami di lontan!
Benvignude, cisilute,
benvignude ancje chest an!
……….
G. B. Gallerio (1812-1881)
“A Sant Benedet
la cisile e passe il tet;
passe o no passe, il frêt al lasse”.
Per seguire il criterio di festeggiare i santi nel giorno della loro morte, la riforma del calendario liturgico (1969) ha spostato la ricorrenza di san Benedetto dal 21 marzo all’11 luglio giorno, appunto, della morte del santo monaco.
San Benedetto, era una ricorrenza importante anche per sapere quando sarebbe caduta la Pasqua, massima solennità della liturgia, la cui data mobile fu fissata la domenica seguente il primo plenilunio dopo il ventuno marzo.
La ricorrenza potrà cadere, dunque, tra il 22 marzo e non oltre il 25 aprile, festa di san Marco:
Di marzo ai ventidue vien la Pasqua più bassa;
d’aprile ai venticinque ci arriva e mai li passa.
L’Annunciazione, altra ricorrenza molto sentita dai nostri nonni, cade il 25 del mese, proprio nove mesi prima di Natale.
Qui mi piace ricordare un aneddoto storico che ho tradotto in friulano e che racconta una mancata Annunciazione:
"Intal mieç de citât di Udin, si cjate il Domo, costruzion imponente che e je la plui grande e impuartante glesie dal cjâf lûc furlan, ma e je ancje la catedrâl, ven a stâi la sede de "catidre" dal arcivescul, ultin erede dai potents Patriarcjis di Aquilee.
Cheste glesie une vorone interessante, e je stade tirade su vie par l'Ete di Mieç e, dongje di jê, intal mil e tresinte cuarantevot, il Patriarcje Bertrant al fasè tirâ su ancje un grant batisteri cun vot lâts.
Cent ains dopo, il Consei de citât al decidè che al coventave fâ su un gnûf cjampanili al puest di chel danegjât par vie di un fûc e, cussì, mestri Cristoful di Milan al proponè di utilizâ come çocul, propit il Batisteri otagonâl di Bertrant.
Puartant indevant il progjet dal mestri lombart, intal mil e cuatricent e cuarantecuatri, sot la direzion dal architet istrian Bartolomiu des Cistiernis, a scomençarin i lavôrs.
Intes intenzions une vorone ambiziosis dai rezidôrs dal Comun di Udin, il grant tor dal cjampanili al doveve jessi tirât su fintremai setante metris, di mût che al ves la stesse altece de cime dal tor di Sante Marie dal Cjiscjel.
Sul cjampanili dal Domo, e veve di jessi metude la statue de Vergjine Anunciade, in mût che l'arcagnul Gabriel al podès, de ponte dal tor dal Cjiscjel, rivolzisi viers di jê, ogni volte che l’aiar al fos stât a favôr.
Cussì al podeve ripetisi il prodigjôs anunci de nassite dal Signôr!
Cuant il cjampanili al ve cuarantevot metris di altece, lis fondis dal antîc batisteri a scomençarin a cedi: cui che al veve fats i calcui al veve falât e di dì in dì, il pericul che il tor al si sdrumàs, al jere plui reâl…
A Udin, in fin dai fats, al sucedè come tant timp prime a Babilonie: ancje cheste volte il desideri dal om di "rivâ fintremai il cîl", nol a vût sucès e il progjet bramât une vorone, nol a podût tradusisi inte realtât.
E al è di crodi che l'agnul al varà di spietâ ancjemò un biel toc, prime di podê fâ il so anunci gloriôs ae Vergjine Marie ".
Eccoci, infine, al 31 marzo, l’ultimo dei tre “giorni della vecchia”, uno dei nodi del tempo di questo mese pazzerello.
I nostri nonni sapevano che, anche se la primavera portava il progressivo aumento della temperatura, poteva avere bruschi ritorni di freddo.
Il ritorno della bella stagione, quindi, non era graduale, ma aveva delle impennate di freddo, i cosiddetti nodi, che regolarmente si manifestavano in questi giorni del mese di marzo:
il 19, il primo dei nodi che si ricordava come il “Nodo di san Giuseppe”;
il 25, chiamato”Nodo dell’Annunziata”;
il 29, 30, 31, ossia i “Giorni della vecchia”, che una leggenda ricorda così:
“Il mese di Marzo vide una Vecchia furba che, sapendolo pazzerello, evitava le sue piogge e le sue tempeste ingannandolo.
Se Marzo le chiedeva dove avrebbe portato a pascolare i porcelli, la vecchia rispondeva una cosa e faceva il contrario.
Marzo, prendendola in parola, faceva scoppiare bufere e mal tempo dove lei aveva detto di recarsi, invece…
Così fino alla fine del mese che, allora, aveva solo 28 giorni.
Sicura di farla ancora franca, il 28 Marzo, la Vecchia disse:
” Domani è Aprile, caro il mio Marzo pazzerello e, quindi, andrò a pascolare al piano dove starò veramente bene con i miei porcelli.”
Il furbo Marzo, chiese in prestito tre giorni ad Aprile e, per tutto quel periodo, scatenò il finimondo al monte ed al piano, facendo pagare alla Vecchia furba, gli inganni di un mese intero.
E continua a farlo ancora, nonostante la Vecchia sia passata a miglior vita da secoli…”
I nodi del tempo si presentano anche in aprile e in maggio, per finire il 29 giugno, con l’ultimo nodo dell’anno, le famose tampiestis de mari di Sant Pieri, la vecchiaccia sordida e invidiosa che, agitandosi nell’inferno, provoca lampi, tuoni, saette…
“Marzo pazzerello
guarda il sole e prendi l’ombrello”
Ma questo marzo mutabile, particolare, volubile, bizzarro e strano, un vero…lunatico, è pur sempre il mese che porta atmosfere e sensazioni inconfondibili: la natura profuma di rinascita.
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