A cura di Magda Minotti
Marzo: i “dolci” ricordi dei nonni
Ingredienti semplici per dolci che avrebbero profumato non solo la casa…
Ne abbiamo parlato con i nonni e, tra un discorso e l’altro, nella loro mente si ripresentavano profumati, “dolci” ricordi…
Ed ecco riapparire, inte cusine di une volte, mamme e nonne indaffarate a preparare “ lis fritulis di Sant Josef”, in una gara in cui si voleva dimostrare che la propria ricetta era la migliore.
“Rubiamo” con gli occhi della memoria, la prima delle due ricette in gara, la più ricca e che, probabilmente, è quella che si potevano permettere le famiglie più facoltose:
“Sbattute due uova intere, cui sono stati aggiunti zucchero a piacere, vaniglia, sale, mezzo bicchiere di latte e cinque cucchiai colmi di farina (centoventicinque grammi circa), si lascia riposare il morbido composto ottenuto, in un posto caldo della cucina, per almeno un paio d’ore. Lo si arricchisce aggiungendovi, mentre in una padella si sta scaldando lo strutto (il saìn), una quantità a piacere d’uva passa, messa a mollo nell’acqua e ben strizzata, pinoli e, se si vuole, canditi.
Il composto, morbido ma sodo, si fa friggere a piccole cucchiaiate, nel grasso bollente”.
Facilissima anche questa seconda ricetta, dagli ingredienti semplici, veramente alla portata di tutte le tasche:
“Si prepara una pasta con uova, zucchero, scorza grattugiata di limone, sale e la quantità di farina necessaria ad ottenere un morbido composto, che si mescola sino a quando si riempie di bolle d’aria.
Si fa riposare per tutta la notte e, il giorno seguente, dopo averlo ben mescolato ancora, lo si frigge a cucchiaiate, nello strutto bollente”.
A san Giuseppe, la primavera è vicina e, tant fimp fa, si diseve che il sant al jere… Sant Josef fertaion.
Il 19 marzo, allora giorno festivo, rappresentava l’inizio delle merende nei campi con la tradizionale frittata. Le galline, infatti, avevano ripreso a deporre le prime uova:
Tal mês di Març
ogni gjaline e fâs il so sfuarç
A proposito di frittate, ecco un’altra ricetta particolarmente in voga al tempo dei nonni.
Gli ingredienti erano semplici avanzi ed i bambini, sempre presenti alla preparazione di pietanze straordinarie, capivano che i vanzums dal mangjâ non devono mai essere buttati, specialmente se si tratta di quelli del pane:
……………
Amate il pane,
fragranza della mensa!
Onorate il pane,
gioia del focolare!
Rispettate il pane
Sudore della fronte!
……………
E così, ritorniamo inte cusine di une volte e osserviamo come si fa questa frittata che, un tempo, era chiamata “tortoluzze”.
“In una terrina mescolare vigorosamente pane raffermo bagnato con latte, uova, sale, zucchero, uvetta messa a mollo nell’acqua e ben strizzata.
Friggere l’impasto come una normale frittata su cui, volendo, si cospargerà un altro po’ di zucchero”.
Ci accorgiamo che in cheste magiche cusine, le donne sono ancora indaffarate a preparare un altro dolce tipico che la tradizione ”impone” per interrompere il digiuno e l’astinenza di Quaresima; i fruts presenti, fermi e zitti per non disturbare lis feminis di cjase, stanno già pregustando, la “torte di mieze Cuaresime”.
“Mescolare per bene otto cucchiai colmi di farina, sette di zucchero, quattro di mandorle pestate, la scorza grattugiata ed il succo di un limone, sei tuorli d’uovo ed un pizzico di sale. Incorporare delicatamente i sei albumi sbattuti a neve e versare il composto ottenuto in due stampi uguali, ben imburrati ed infarinati.
Metterle nel forno già caldo (200 gradi). Per una ventina di minuti. Sovrapporre i due dolci mettendo tra essi, un po’ di marmellata di frutta o, se preferite, crema.
Cospargere di mandorle tostate e pestate”.
Sensazioni, profumi presenti nella cucina di un tempo, fulcro della casa , luogo in cui a marzo, gli ingredienti sposavano magicamente la sacralità della Quaresima con il profano piacere del cibo.
Ricordi portati al presente, in una innegabile voluttuosità del gusto. Invitiamo tutti a seguirci in questo viaggio nel passato che inte cusine di une volte, diventa presente.
E si sentono già gli odori dei tipici dolci pasquali…
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